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Giurisprudenza 19516/06 (21/02/2008)

Tipo: Sentenza

Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani

Data: 21/02/2008

Oggetto: Libertà di pensiero, di coscienza, di religione; equo processo. La Corte, all’unanimità, ha concluso per la violazione dell’Articolo 9 (diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione) della Convenzione Europea dei Diritti Umani; per la violazione dell’Articolo 13 (diritto ad un ricorso effettivo) della medesima Convenzione. Invocando i citati Articoli 9 e 13, il ricorrente denunciava di essere stato costretto a rivelare le proprie convinzioni religiose durante la procedura di prestazione del giuramento onde poter assumere per la prima volta le funzioni di avvocato. Articolo 9 La Corte sottolinea di dover mettere a confronto versioni divergenti di alcuni elementi di fatto. La Corte rileva che il Governo greco presenta due versioni poco compatibili tra loro mentre – aggiunge la Corte – non si desume da alcun documento che il ricorrente non abbia ottemperato alla procedura fissata per prestare giuramento. Inoltre, il processo-verbale dell’Udienza 2 novembre 2005 dinanzi al Tribunale di prima istanza di Atene – unico atto ufficiale riconosciuto alla fine della procedura contenziosa – corrobora la versione del ricorrente. Peraltro, la Corte osserva che la libertà di manifestare le proprie convinzioni religiose comporta altresì un punto di vista opposto, inteso cioè come diritto dell’individuo di non essere obbligato a manifestare il proprio credo o le proprie convinzioni religiose e di non essere obbligato a comportarsi in modo che si possa dedurre che egli ha - o non ha – determinate convinzioni. In questa causa, la Corte ritiene che allorquando il Signor Alexandridis si è presentato dinanzi al Tribunale, è stato obbligato a dichiarare di non essere cristiano ortodosso e, di conseguenza, a mettere in campo le proprie convinzioni religiose, onde poter rendere un solenne giuramento.La Corte osserva che tale procedura riflette l’esistenza di una presunzione secondo cui l’avvocato che si presenta dinanzi al tribunale è cristiano ortodosso. Il processo-verbale, unico documento ufficiale attestante la prestazione di giuramento, presenta in realtà il ricorrente come prestatore di un giuramento di tipo religioso, contrariamente alle sue convinzioni. Sul punto, la Corte osserva parimenti come il diritto greco prevede che il giuramento cui ogni funzionario è invitato, in linea di massima è un giuramento religioso (Articolo 19, paragrafo primo, del Codice dei Funzionari). Il ricorrente, per essere legittimato a rendere una dichiarazione di impegno solenne, è costretto a dichiarare di essere ateo o che la sua religione non consente di prestare giuramento. Trattandosi dell’esistenza di due differenti formulari per redigere processo-verbale, la Corte evidenzia che gli esemplari prodotti a proprio sostegno dal Governo greco sono datati 2007. Ne consegue che la Corte non può concludere ratificando come esistenti tali tipi di formulari all’epoca dei fatti. In ogni caso, pur supponendo esistenti due formulari differenti, la Corte ritiene che è inammissibile imputare al ricorrente il fatto di non essersi procurato un formulario appropriato. In effetti, la presidente e la cancelleria del Tribunale avrebbero dovuto informare il ricorrente che esisteva uno specifico formulario per il giuramento solenne. La Corte conclude che il fatto che il ricorrente abbia dovuto rivelare al tribunale di non essere cristiano ortodosso ha intaccato la sua libertà di non manifestare le proprie convinzioni religiose, ciò con violazione dell’Articolo 9. Articolo 13 La Corte ritiene che il Governo greco non ha tenuto conto che l’interessato avrebbe potuto presentare un effettivo ricorso onde ottenere riparazione al danno recato alla propria libertà religiosa. Pertanto, vi è stata violazione dell’Articolo 13.

Parti: Alexandridis c/ Grecia

Classificazione: Libertà - Art. 10 Libertà di pensiero - Libertà di coscienza - Libertà di religione - Giustizia - Art. 47 Giustizia: accesso