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Giurisprudenza 25664/2005 (06/12/2007)

Tipo: Sentenza

Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani

Data: 06/12/2007

Oggetto: Tortura, pene, trattamenti inumani o degradanti; libertà, sicurezza; non discriminazione. La Corte, all’unanimità, conclude per la violazione dell’Articolo 3 (divieto di tortura, pene, trattamenti inumani o degradanti) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo, date le condizioni detentive subite dal ricorrente; per la violazione dell’Articolo 5 § 3 (diritto alla libertà e alla sicurezza) della medesima Convenzione; per la violazione dell’Articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) stessa Convenzione. Articolo 3 La Corte sottolinea come il fatto che il ricorrente sia stato costretto a vivere, dormire e utilizzare i bagni nella stessa cella e in presenza da altri numerosi detenuti sia stato sufficiente di per sé a sottometterlo ad uno stato di sconforto o ad una prova di intensità eccedente l’inevitabile livello di sofferenza collegata alla detenzione e tale da creare in lui sentimenti di paura, angoscia ed inferiorità tali da umiliarlo e avvilirlo. La Corte osserva d’altronde che il ricorrente soffriva di una patologia renale cronica ma che alcun trattamento sanitario gli era stato amministrato allo scopo. La Corte conclude che trattenendo il ricorrente in celle superaffollate e negandogli le cure mediche relative alla sua patologia renale cronica, le autorità statali lo hanno sottomesso a trattamento inumano e degradante. Pertanto, vi è stata violazione dell’Articolo 3 della Convenzione a causa della condizioni detentive subite dal ricorrente. Articolo 5 § 3 La Corte ritiene che, omettendo di occuparsi di fatti concreti o di prendere in considerazione “misure preventive” sostitutive, e basandosi fondamentalmente sulla gravità delle accuse, le autorità hanno prolungato la detenzione del ricorrente per motivi che, se pur “pertinenti” non potrebbero essere giudicati “sufficienti”. Pertanto, vi è stata violazione dell’Articolo 5 § 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Articolo 8 La Corte rileva come il rispetto della vita familiare del ricorrente avrebbe richiesto, una volta respinta la sua domanda di scarcerazione, che gli venisse offerta un’altra possibilità di dire addio al proprio padre morente. In effetti il Signor Lind fu autorizzato a comunicare telefonicamente con il padre ma soltanto in lingua russa; la conversazione durò un minuto e venne interrotta dall’amministrazione penitenziaria. Il Governo non ha dato alcuna spiegazione di ciò. La Corte ritiene che una conversazione di un minuto, in una lingua poco conosciuta dal padre del ricorrente, non ha permesso concretamente all’interessato di dire addio al proprio padre. Nessuna altra possibilità di contattare il padre fu offerta al ricorrente. Sulla base di tali valutazioni, la Corte conclude che le autorità nazionali hanno omesso di garantire il rispetto della vita familiare del ricorrente, come disposto dall’Articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e che pertanto vi è stata violazione di tale norma. Il giudice Kovler ha espresso opinione concordante il cui testo è allegato alla sentenza.

Parti: Lind c/ Russia

Classificazione: Dignità - Art. 4 Tortura - Pene inumane - Pene degradanti - Trattamenti inumani - Trattamenti degradanti - Libertà - Art. 6 Sicurezza - Uguaglianza - Art. 21 Non discriminazione