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Giurisprudenza 37201/06 (28/02/2008)

Tipo: Sentenza di Grande Camera

Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani

Data: 28/02/2008

Oggetto: Tortura, pene, trattamenti inumani o degradanti; vita privata, equo processo, espulsione. La Corte, all’unanimità, ha concluso che l’eventuale esecuzione del verdetto di espulsione del ricorrente Saadi verso la Tunisia, avrebbe determinato la violazione dell’Articolo 3 (proibizione di tortura, pene, trattamenti inumani o degradanti) della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Il ricorrente sosteneva che l’esecuzione nei suoi confronti della misura espulsiva verso la Tunisia lo avrebbe esposto al rischio di essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti vietati dall’ Articolo 3 (proibizione di tortura, pene, trattamenti inumani o degradanti). Nel richiamare l’Articolo 6 (diritto a un equo processo) della citata Convenzione Europea, il ricorrente denunciava parimenti l’evidente denegata giustizia di cui sarebbe stato vittima in Tunisia per la sua condanna in contumacia da parte di un Tribunale militare. In relazione all’Articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare) il ricorrente sosteneva peraltro che la propria espulsione avrebbe tolto alla sua compagna e a suo figlio la sua presenza nonché il suo aiuto. Il Signor Saadi qualificava inoltre la propria espulsione né indispensabile all’ordine pubblico né basata su motivi di sicurezza nazionale, con violazione – se eseguita – dell’Articolo 1 del Protocollo n. 7 (garanzie procedurali in caso di espulsioni di stranieri). Articolo 3 La Corte osserva di non poter sottovalutare il pericolo rappresentato dal terrorismo e sottolinea le considerevoli difficoltà incontrate dagli Stati nell’attività di protezione dei rispettivi popoli dalla violenza terrorista. Ciò non significa ridiscutere il carattere assoluto del citato Articolo 3 della Convenzione Europea. Contrariamente a quanto osservato dal Governo del Regno Unito (terzo intervenuto in questo giudizio) cui aderisce il Governo d’Italia, la Corte ritiene primario sottolineare la non perequazione - da una parte - del rischio, per una persona, di subire maltrattamenti, e - dall’altra parte - del pericolo determinato alla collettività dalla stessa persona, se questa non viene espulsa. La prospettiva che una persona rappresenti grave minaccia per la collettività non sminuisce affatto il rischio che questa subisca pregiudizio ove espulsa dal territorio. Agli argomenti secondo cui simile rischio deve essere sorretto da prove inconfutabili che una persona costituisca minaccia per la sicurezza nazionale, la Corte oppone che tale impostazione è inconciliabile con il carattere assoluto del citato Articolo 3. Il suddetto ragionamento – sostiene la Corte – in realtà si risolverebbe nell’affermare che la protezione della sicurezza nazionale giustifica – mancando prove rispondenti a criteri più rigorosi – la più facile accettazione del rischio di far subire maltrattamenti ad un individuo. La Corte ribadisce che per definire contrario alla Convenzione Europea un allontanamento forzato, la condizione necessaria – e sufficiente – è che il rischio di far subire maltrattamenti ad un soggetto nel paese di destinazione sia basato su motivi seri e manifesti. Peraltro, la Corte si fonda su rapporti di Amnesty International e di Human Rights Watch, descriventi la preoccupante situazione tunisina, le cui conclusioni sono corroborate dal rapporto del Dipartimento di Stato americano. Tali rapporti riferiscono numerosi e sistematici casi di tortura su persone accusate ex Legge Antiterrorismo 2003. Le cattive prassi denunciate, determinatesi sovente nei fermi di polizia, vanno dalla pratica della sospensione al soffitto alle minacce di stupro, passando da scariche elettriche, immersione di testa in acqua, percosse, ferite, bruciature da sigarette accese. Le denunce di torture e maltrattamenti non sarebbero esaminate dalle autorità tunisine competenti, che rifiuterebbero l’avvio di indagini/inchieste su quanto denunciato e utilizzerebbero sistematicamente le confessioni estorte per pronunciare condanne. La Corte non dubita dell’attendibilità dei citati rapporti e rileva inoltre che il Governo d’Italia non ha fornito elementi tali da confutare le affermazioni contenute nei rapporti medesimi. La Corte nota che in Italia il Signor Saadi è stato accusato di terrorismo internazionale e che la sua condanna in Tunisia è stata confermata coma da dichiarazione di Amnesty International del giugno 2007. Il ricorrente rientra, quindi, nel gruppo fatto oggetto di maltrattamenti. Sulla base di tali presupposti, la Corte ritiene che elementi seri e manifesti giustificano la conclusione di rischio reale per l’interessato di subire maltrattamenti contrari al citato Articolo 3, ove espulso verso la Tunisia. La Corte rileva del pari che le autorità tunisine non hanno fornito le assicurazioni diplomatiche sollecitate dal Governo italiano in maggio 2007. Con riferimento alle note del Ministero tunisino per gli Affari Esteri, la Corte sottolinea che l’esistenza di note a carattere interno e la sottoscrizione di trattati non escludono in modo adeguato dal rischio di maltrattamenti quando, come in questa causa, fonti affidabili attestano pratiche manifestamente contrarie ai principi della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Per di più, anche nel caso di rassicurazioni diplomatiche da parte delle autorità tunisine, ciò non avrebbe impedito alla Corte di valutare se garanzie similari avrebbero rappresentato sufficiente scudo di protezione del ricorrente dal rischio di maltrattamenti. Per i suddetti motivi, la Corte conclude che la decisione di espellere il Signor Saadi verso la Tunisia ove posta in esecuzione, violerebbe l’Articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Articoli 6, 8 e 1 del Protocollo n. 7 Nel richiamo alle suddette conclusioni sub Articolo 3 e non dubitando dell’adeguamento da parte del Governo d’Italia alla propria Sentenza di Grande Camera, la Corte non ritiene necessario pronunciarsi sul punto che l’eventuale espulsione verso la Tunisia possa comportare anche le violazioni degli Articoli 6, 8 e 1(garanzie procedurali in caso di espulsioni di stranieri) del Protocollo n. 7. Il giudice Zupancic ha espresso opinione conforme, e il giudice Myjer ha espresso opinione conforme cui aderisce il giudice Zagrebelsky. I testi dei pareri si trovano allegati alla sentenza.

Parti: Saadi c/ Italia

Classificazione: Dignità - Art. 2 Diritto alla vita - Pena di morte - Libertà - Art. 7 Vita privata - Art. 19 Espulsione - Giustizia - Art. 47 Processo equo, pubblico