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Giurisprudenza 35991/2004 (10/01/2008)

Tipo: Sentenza

Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani

Data: 10/01/2008

Oggetto: La Corte, all’unanimità, conclude per la non violazione dell’Articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Nell’invocare l’Articolo 8 della Convenzione, la ricorrente denunciava la brevità del termine di due mesi che le era stato concesso(le eliminare) per rivendicare la propria maternità originaria sulla figlia. La ricorrente denunciava altresì le autorità francesi perché non avevano osservato tutti gli accorgimenti necessari per farle comprendere in maniera consapevole gli effetti dei propri atti, sottolineando di non avere avuto un valido aiuto linguistico che le consentisse di comprendere tutte le modalità operative ed i relativi termini. Sulla durata del termine di ritrattazione La Corte osserva che non esiste “un consenso internazionale” in materia di adozione ed evidenzia che, trattandosi del termine di ritrattazione, esiste una considerevole difformità legislativa tra gli Stati membri del Consiglio di Europa che hanno fissato tale termine, essendo la ritrattazione possibile sino al giudizio definitivo di adozione, secondo alcuni ordinamenti giuridici, mentre in altri ordinamenti - al contrario - il consenso all’adozione è irrevocabile. Per gli Stati che hanno previsto un termine fisso di ritrattazione, questo varia da 10 giorni a 3 mesi. Poiché la questione giuridicamente sollevata nella fattispecie si rapporta ad un settore in cui manca convergenza tra legislazioni e pratiche adottive dei singoli Stati membri, la Corte rammenta che l’ambito di operatività riservato in materia ad ogni singolo Stato è più ampio proprio per determinare un equilibrio fra gli interessi pubblici e quelli concorrenti di carattere privato una volta che si viene investiti della questione. Nel bilanciamento di interessi che sono difficilmente conciliabili – quello della madre biologica, quello del bimbo / della bimba, quello della famiglia adottante, cosi come quello generale – la Corte ritiene che deve prevalere l’interesse superiore del bimbo / della bimba. La Corte aderisce sul punto alle tesi del governo francese, essendo emerso da elaborati di professionisti dell’infanzia che l’interesse primario del bambino adottando è quello di poter entrare il più rapidamente possibile nell’alveo di stabili relazioni affettive della nuova famiglia. La Corte evidenzia del pari l’avviso del tribunale superiore secondo cui andavano decisamente assicurate sia la serenità e la sicurezza psicologica, sia la sicurezza giuridica del bambino. La Corte ritiene che nella fattispecie, se il termine di due mesi può apparire breve, nondimeno esso sembrava sufficiente perché la madre biologica avesse il tempo di riflettere e ridiscutere la scelta di abbandonare la figlia. Pur riconoscendo lo stato di angoscia in cui la Signora Kearns ha dovuto vivere, la Corte osserva che essa allora aveva 36 anni, era accompagnata dalla propria madre e che dopo il parto era stata lungamente accolta in due riprese dai servizi sociali. Sulla base di questi fatti, la Corte ritiene che il termine fissato dalla legislazione francese mira a stabilire un equilibrio ed un contemperamento sufficiente tra gli interessi in questione. D’altronde, la Corte sottolinea che l’azione intentata dal padre della bambina dinanzi alle autorità irlandesi non influisce sulla conclusione cui la Corte perviene. In ordine all’informativa data alla ricorrente La Corte rileva che la ricorrente, di nazionalità irlandese e residente a Dublino, ha scelto di andare a partorire in Francia per avere la possibilità, non prevista dal diritto irlandese, di fruire di un parto anonimo. In proposito, la Corte nota che la ricorrente si è presentata al reparto maternità la settimana prima del parto e soprattutto assistita da un avvocato. Inoltre le due lunghe sessioni con i servizi sociali si sono svolte alla presenza di persone svolgenti funzioni di interpreti. La Corte - in ordine al modulo di consenso per adozione firmato dalla ricorrente e ai vari documenti che le furono consegnati – ritiene che alcuna ambiguità poteva insorgere nel suo animo circa i termini e le condizioni di restituzione della propria figlia. La Corte ritiene altresì che le autorità francesi hanno dato alla Signora Kearns informazioni sufficienti e dettagliate, concedendole un’assistenza linguistica non prevista dalle norme e assicurandosi che essa fosse il più completamente possibile consapevole delle conseguenze della sua scelta. Pertanto – essendo state adottate e osservate tutte le disposizioni perché la ricorrente comprendesse esattamente la portata dei propri atti – non vi è stata violazione dell’Articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani.

Parti: Kearns c/ Francia

Classificazione: Libertà - Art. 7 Vita privata