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Giurisprudenza 44362/2004 (04/12/2007)

Tipo: Sentenza

Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani

Data: 04/12/2007

Oggetto: Rispetto della vita privata e della vita familiare. I ricorrenti denunciavano in causa di essersi vista rifiutare la possibilità di accedere alla fecondazione artificiale. Essi invocavano l’Articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) nonché l’Articolo 12 (diritto al matrimonio e di fondare una famiglia) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Articolo 8 La Grande Camera ritiene che l’Articolo 8 sia applicabile ai motivi di ricorso in quanto la rifiutata fecondazione artificiale inerisce strettamente alla loro vita privata e familiare, riguardando tali espressioni il rispetto delle relative decisioni di diventare genitori naturali. Il punto nodale consiste nel sapere se si è realizzata una giusta, proporzionata valutazione degli interessi pubblici e degli interessi privati in gioco nella presente causa. Per quanto concerne gli interessi privati, i giudici nazionali hanno riconosciuto che la fecondazione artificiale residuava come sola, realistica speranza degli interessati - conviventi dal 1999 e coniugati dal 2001 – di avere insieme un figlio, considerata sia l’età della moglie, sia la prima data di possibile scarcerazione del marito. La Grande Camera giudica evidente che la questione abbia vitale importanza per i ricorrenti. Se l’incapacità di concepire figli può derivare dallo stato di detenzione, essa però è evitabile poiché nulla impone di pensare che l’accoglimento della domanda di fecondazione artificiale implichi - specie su larga scala – oneri di rilievo per lo Stato sia in materia di sicurezza, sia a livello amministrativo / finanziario. La Grande Camera valuta poi l’argomento secondo cui la fiducia pubblica nel sistema penitenziario sarebbe compromessa, ove gli elementi retributivi e dissuasivi della pena potessero venire dissolti dall’autorizzare detenuti, colpevoli di gravi reati, a concepire figli. In sintonia con l’orientamento della Sezione, la Grande Camera sottolinea le ragioni per cui nel sistema giuridico della Convenzione Europea – che riconosce la tolleranza e l’apertura di spirito come caratteristiche essenziali di una società democratica – non c’è spazio per un’automatica privazione dei diritti dei detenuti fondata solo sul fatto che ciò che potrebbe infastidire l’opinione pubblica. Tuttavia la Grande Camera, come la Sezione, è disposta a riconoscere che il mantenimento della fiducia pubblica nel sistema giudiziario penale riveste un ruolo preciso nell’elaborazione della politica penale. Pur ammettendo che la punizione resta uno degli scopi della detenzione, la Corte rileva tuttavia, che le politiche penali europee si evolvono e accordano un’importanza sempre crescente all’obiettivo del “reinserimento”, in particolare verso la fine di una lunga pena detentiva. La Grande Camera è disposta altresì a ritenere legittima la preoccupazione avvertita dalle autorità – sul piano dei principi – di garantire il benessere di ogni bambino allorché esse elaborano e applicano la politica: il concepimento di un bambino è l’oggetto intrinseco anche di questo agire politico. Tuttavia, ciò non può giungere ad impedire a genitori virtuali che lo desiderino, di concepire un figlio come nelle circostanze della fattispecie in causa, dato che la madre (seconda ricorrente) era in libertà e poteva, sino alla scarcerazione del marito, prendersi cura del bambino eventualmente concepito. La Grande Camera rammenta che trenta Stati, ratificanti la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, autorizzano le visite coniugali per i detenuti (con riserva di molte limitazioni), il che potrebbe essere considerato un modo per evitare alle autorità statali di prevedere la possibilitá di ricorrere a fecondazioni artificiali. Tuttavia, se la Corte ha valutato positivamente l’evoluzione verificatasi in molti paesi europei, introducenti il sistema delle visite coniugali in carcere, essa non si è ancora spinta ad interpretare la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo come vincolante per gli Stati contraenti nell’introdurre tali visite. La Grande Camera ritiene che le valutazioni politiche riservate al caso dei ricorrenti escludono che si sia operato un bilanciamento reale degli interessi pubblici e degli interessi privati a questo sottesi, e che esse impediscono il richiesto giudizio di proporzionalità della restrizione nel singolo caso. In particolare, questa politica ha rovesciato sui ricorrenti un onere esorbitante allorché ha preteso la prova del “carattere eccezionale” del loro caso quando hanno richiesto la fecondazione artificiale. Inoltre, e per restare in termini politici, non è dimostrato che il ministro competente non abbia tentato di valutare i diversi interessi pubblici e privati o di apprezzare la proporzionalità del divieto. Infine, dando per scontato che la politica non è stata trascritta in legge, va sottolineato che il Parlamento non si è mai preoccupato di valutare i suddetti interessi in gioco né ha mai discusso sulle questioni di proporzionalità scaturenti a tale riguardo. Di conseguenza, la Corte ritiene che non vi sia stato un giusto equilibrio valutativo degli interessi pubblici e privati, con violazione dell’Articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Articolo 12 In sintonia con l’orientamento della Sezione, la Grande Camera ritiene insussistente ogni altra questione in riferimento all’Articolo 12 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

Parti: Dickson c/ Regno Unito

Classificazione: Libertà - Art. 7 Vita privata