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Giurisprudenza 13909/05 (06/11/2007)

Tipo: Sentenza

Autorità: Autorità europee: Corte europea dei diritti umani

Data: 06/11/2007

Oggetto: Libertà di espressione. La Corte - sulla base di cinque voti contro dieci – ha concluso per la violazione dell’Articolo 10 della Convenzione Europea di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo. La Corte rileva che le pronunce giurisdizionali definitive emanate nella fattispecie sia in sede penale sia in sede civile, costituiscono in modo assoluto un’ingerenza nel diritto del ricorrente alla libertà di espressione, ingerenza che pure è “prevista dalla legge” e persegue uno scopo legittimo, cioè “la protezione della reputazione altrui”. Poiché si tratta di verificare se la condanna penale e il relativo indennizzo alla parte lesa erano proporzionati al suddetto legittimo scopo da perseguire, la Corte rileva l’evidenza della ragione per cui il ricorrente ha scritto l’articolo incriminato, cioè durante la campagna elettorale e nella sua qualità di uomo politico. Il bersaglio della critica del ricorrente era il sindaco, egli stesso persona nota al pubblico, e la parola “sumanuto” in tutta evidenza non è stata utilizzata per descrivere lo stato di salute mentale del sindaco ma per qualificare il modo con cui il sindaco aveva sperperato il denaro dei contribuenti locali. Quantunque il ricorrente non sia stato posto in grado di dimostrare, dinanzi ai giudici nazionali, la veridicità delle altre sue accuse, e pure a voler supporre che si trattasse di esposizioni di fatti suscettibili, come tali, di prove, vi erano ragioni per credere sia ad un probabile coinvolgimento del sindaco in organizzazioni criminali, sia all’illegalità della sua posizione. In ogni caso e pur se l’articolo del ricorrente conteneva, in alcuni punti, violente invettive, l’articolo medesimo non rappresentava un attacco personale gratuito e si concentrava su problemi di interesse pubblico, non sulla vita privata del sindaco. La motivazione di fondo dei giudici nazionali penali e civili quando hanno deciso sulla causa del ricorrente non era “sufficiente” a determinare l’importo accordato come indennizzo risarcitorio e spese (il tutto corrispondente – all’epoca dei fatti – a circa otto mesi di stipendio medio in Serbia), così come la condanna condizionale ad una ammenda commutabile, a certe condizioni, in pena detentiva. Tenuto conto della gravità delle sanzioni penali di cui è causa, così come del discutibile assunto dei giudici nazionali secondo cui l’onore del sindaco era più importante di quello di un normale cittadino, la Corte ha concluso per la sussistenza della violazione dell’Articolo 10.

Parti: Lepojić c/ Serbia

Classificazione: Libertà - Art. 12 Libertà di associazione